Il mio primo anno di triathlon


2020: il mio primo anno di Triathlon tra difficoltà e successi

Il mio primo anno di Triathlon: 2020


Devo ammettere subito che benché mi possa ritenere una persona sportiva non avrei mai pensato di iniziare a praticare il Triathlon, e questa avventura è iniziata grazie, o per colpa, di Nicholas che per primo si è innamorato della “triplice”.


Ecco, questo è un breve resoconto di questo mio bello, strano e motivante anno nuotando, pedalando e correndo.


Ogni viaggio inizia con un primo passo!


Forte del mio passato giovanile nel nuoto agonistico, riprendo intorno a ottobre 2019 a nuotare 2 volte a settimana. Nonostante tutto, mi ricordavo fosse meno faticoso, invece alla fine di ogni allenamento ero letteralmente da buttare nella spazzatura. Col senno di poi, adesso sono più consapevole di quali errori ho fatto riprendendo l’attività di nuoto dopo anni di fermo! Già da due anni, anche se con una pausa di 6 mesi, nei quali ho viaggiato tra India e Nepal, avevo scoperto il piacere della corsa, come pura gioia di muovere il corpo e raggiungere una meta con la forza delle proprie gambe. Ma anche gli allenamenti di corsa erano completamente improvvisati, a sensazione e senza alcuna pianificazione. Diciamo che mi mettevo le scarpe e partivo fino a che ne avevo voglia!


Poi verso novembre ormai l’idea di provare a fare triathlon si era impadronita di me, e armato della mia bici da corsa anni ‘90, definita dagli amici “cancello”, in onore del suo peso massiccio, tutt’altro che paragonabile ad una bicicletta odierna! Anche se rimane la disciplina più difficoltosa per me, gli inizi sono stati sicuramente duri e sconfortanti. Nelle prime uscite l’incontro o meglio lo scontro con le condizioni climatiche è stata una doccia fredda: vento, nebbia e pioggia hanno un ruolo importante nella frazione a due ruote, e per me questo era una novità. Il secondo, tallone d’Achille, non è il tallone, bensì il sedere, o sottosella come lo definiscono i ciclisti. Ricordo uscite in cui la vera difficoltà fosse stare seduto comodamente piuttosto che pedalare.

Il Coach non è solo un allenatore


Per fortuna Nicholas mi presenta il suo Coach di Triatlhon. Francesco Aluigi, questo è il suo nome, non è solo un allenatore che ti massacra con sadico piacere propinando allenamenti e sessioni estreme, ma anzi cerca di educare l’atleta a conoscersi sempre meglio, a comprendere i propri limite ed ovviamente stimolando un miglioramente delle abilità latenti. Gli errori, che ho effettuato in passato allenandomi da solo, li avrei potuti evitare se avessi avuto un Coach con cui stabilire una rotta e programmare un allenamento in funzione dei miei obiettivi ed anche della mia preparazione fisica e mentale.


Gli errori più comuni di noi amatori sono:


2020: Il piano giusto nell’anno sbagliato


Da Gennaio 2020 ho iniziato ad allenarmi seguendo le indicazioni del mio Coach con metodo, avendo una programmazione con periodi di carico e scarico, test per valutare l’andamento degli allenamenti e sessioni specifiche di tecnica e recupero attivo. Mi sono allenato con costanza tutti i giorni, attraverso un monitoraggio che utilizza la tecnologia che abbiamo a disposizione quali GPS e Cardiofrequenzimetro tramite il device Garmin 735 XT e la piattaforma on-line di Training Peaks dove inserire i miei feedback per ogni allenamento, ma anche dati di salute generali come il peso, le ore e qualità di riposo notturno, lo stress lavorativo e tanti parametri che sono necessari a comprendere lo stato di carico che il mio corpo sta vivendo. Come spesso ripete il Coach, noi siamo amatori, quindi oltre al carico dell’allenamento abbiamo anche una vita lavorativa e familiare a cui rispondere, ed è necessario mantenere un equilibrio globale.


La mia settimana tipo prevede: 3 allenamenti di nuoto, 2 di corsa e 2 di bici. A questa programmazione generale, si inseriscono attività necessarie e complementari come sedute di stretching, mobilità e yoga, ed altre di forza, esercizi funzionali al triathlon e tecnica.


Questo 2020 ha visto nuove parole diventare parte della nostra quotidianità: lock-down, zona rossa, chiusure e limitazioni. Ovviamente anche questo ha inciso, oltre che sulla mia vita personale e lavorativa, anche sulla pratica sportiva. Gare rimandate o cancellate e comunque una situazione che rendeva difficile programmare la propria stagione agonistica. Avrei dovuto avere il mio esordio alla gara casalinga su distanza Olimpica a Cervia 5150 Ironman nel mese di settembre, quindi quasi 9 mesi per arrivare pronto ad una gara che purtroppo non c’è stata.


Durante il lock-down, è stato fondamentale avere, seppur in maniera diversa degli allenamenti quotidiani da eseguire, esercizi a secco con elastici per il nuoto ed esercizi a corpo libero per mantenere un livello di allenamento base ed anche per svuotare la mente!


A maggio, dato che le piscine erano chiuse, appena è stato possibile abbiamo sfidato le temperature dell’acqua dell’Adriatico nuotando in mare, con la muta ovviamente!


Abbiamo preso un periodo di 3-4 settimane per permettere al corpo di riadattarsi agli allenamenti e comunque a fine lock-down la bilancia segnava un preoccupante +5kg nonostante non mi fossi mai completamente fermato.


L’estate è trascorsa rassegnandosi che per noi amatori gareggiare sarebbe stato difficile ed è iniziato per molti un “toto-iscrizione” alle varie gare calendarizzate e poi immancabilmente annullate. Insieme al mio Coach, avevamo stabilito a questo punto di non farsi prendere dalla frenesia di gareggiare a tutti i costi e di godere di una programmazione di costruzione di base finalizzata al triathlon.

Con la fine dell’estate, vedendo gli enormi benefici su Nicholas ed il Coach, decido di seguirli e modificare il mio stile nutrizionale, privilegiando una dieta iperlipidica, povera di carboidrati, normoproteica e integrando con sali di chetoni esogeni naturali. Questo cambio mi ha permesso in maniera semplice e sostenibile di migliorare la mia composizione corporea perdendo grasso corporeo e ritrovando una sensazione fisica che non avevo da almeno dieci anni. 


Poi è arrivato l’autunno, la situazione è diventata critica nuovamente, le piscine sono state chiuse e lo sono tutt’ora, le gare timidamente vengono messe in calendario, ma personalmente cerco di rimanere focalizzato su obiettivi di lunga durata, cerco di vivere il triathlon come ci si approccia ad un IronMan, la distanza più lunga del triathlon che richiede determinazione e pazienza. Sicuramente nel mio futuro vedo competizioni che mi fanno sognare, e si tratta dei Triathlon definiti “estremi”, anche se di estremo non vi è proprio nulla, perché ogni passo è il risultato di una programmazione minuziosa e non certo di improvvisazione. Sicuramente di estremo c’è l’esperienza sportiva e personale nel cimentarsi in una prova dove si nuota in un lago di montagna, si pedala su dislivelli importanti ed infine si corre una maratona con dislivello o addirittura di Trail Running su sentieri di montagna.


Al momento sto affrontando una piccola sfida personale che chiamo amichevolmente “1 minuto in più”, come il grande Alex Zanardi con la sua Regola dei 5 secondi, io mi sto cimentando nel nuoto in acque libere, in inverno nell’Adriatico e dopo aver raggiunto in maniera abbastanza facile i 30 minuti di nuoto, in ogni sessione successiva cerco di aggiungere un minuto in più di permanenza nell’acqua. Questa ad esempio è una sfida con me stesso, piccola e magari senza un grosso valore sportivo, ma cerco di ricordare l’intensità di quel minuto nella mia vita quotidiana e provando a dare quel qualcosa in più in ambito lavorativo e personale, perché aver portato a casa quel minuto in più, mi ricorda che sono in grado di fare cose di cui neppure io sono consapevole.


Il triathlon in questo primo anno mi ha insegnato tanto, cose più grandi e più piccole. Ad esempio l’importanza di programmare, di avere un piano e degli obiettivi. Allo stesso tempo la flessibilità, e la capacità di ascoltarsi, come durante un allenamento intenso, in cui capisci di dover rallentare, oppure poter dare quel qualcosa in più. Mi ha stimolato a pensare in lungo periodo e non solo a breve termine. Mi ricorda ogni allenamento che la pazienza e la costanza sono la base di questo sport e della vita in generale.

Un’esperienza che spesso accade quando si pratica uno sport a contatto con la natura è la variabilità del clima e della percezione della fatica, a volte ho corso ridendo sotto una pioggia battente in autunno, ho sofferto per un vento contrario in bici, ho avuto voglia di staccare dal lavoro per fare una nuotata e a volte nessuna voglia di salire in sella col buio ed il freddo fuori casa. Ma l’esperienza personale che ne traggo è che tutto è transitorio, mutevole e intercorrelato e che il punto è sempre il come reagisci a ciò che ti capita e non tanto il cosa ti capita.

Il viaggio continua....